I processi sulla violenza contro le donne dalla realtà alla trasposizione cinematografica e televisiva.

I processi sulla violenza contro le donne dalla realtà alla trasposizione cinematografica e televisiva.

Di Alessandra Pinto, avv. del Foro di Napoli.

Le serie TV e i film che trattano il tema della violenza sulle donne hanno il pregio di descrivere, più o meno realisticamente, le vicende che si sviluppano nelle aule di un tribunale e l’impatto sull’opinione pubblica lasciando coloro che “guardano” nella falsa convinzione che se la narrazione va oltre il possibile immaginario ciò dipende da esigenze di copione.

Nella serie televisiva “Anatomia di uno scandalo” (tratta dal romanzo di Sara Vaughan “The undoing and Big little lies”) si ricostruisce un processo per violenza sessuale che ruota attorno alla interpretazione del consenso.

La difesa, mettendo in evidenza una precedente relazione intima tra la vittima e l’imputato unitamente ai sentimenti della prima che dichiara di essere ancora innamorata dell’uomo, fa sì che il diniego opposto con l’espressione “non qui” anziché un “no” netto non sia interpretato come assenza di consenso, ma “lo voglio” solo “non qui in ascensore”.

Non dissimile da ciò che si verifica nelle aule di giustizia è la difficoltà nel far emergere la verità dei fatti, quanto conti la posizione rivestita dall’aggressore nonché l’immagine che di lui viene data al mondo esterno attraverso i media (ottimo padre, ottimo marito, ottimo amico del primo ministro con moglie ad appoggiarlo seduta in aula) oltre alla vittimizzazione secondaria subita dalla vittima costretta a rivivere più volte gli attimi della violenza onde verificare se sia stata abbastanza chiara nel negare il consenso e la sua attendibilità.

Un anno prima “Le choses homanes” di Yann Attal tradotto in italiano con il titolo “L’accusa”, altro film che narra di un processo per violenza sessuale, ispirato ad un caso di stupro verificatosi nel 2015 avvenuto nel campus universitario di Stanford. Alexandre e Mila si conoscono, partecipano ad una festa e il giorno seguente il ragazzo è arrestato per stupro.

Anche questo film si incentra sulla verifica dell’esistenza o meno del consenso da parte di Mila per la durata del rapporto e sulla percezione che può aver avuto Alexandre visto che un “no” esplicito non è mai stato pronunciato: i fatti sono suscettibili di una interpretazione non univoca: “Che cosa è successo veramente?” (frase ripetuta più volte nel corso del film che scuote l’attenzione degli spettatori).

Grande impatto sulla convinzione della giuria popolare avrà l’opera dei media: l’eco delle vicende che coinvolgono esponenti di una importante famiglia, le diverse narrazioni e interpretazioni che sono fornite senza aver avuto accesso al carteggio processuale, ma sono basate su una serie di stereotipi e pregiudizi sociali.

Risalendo nel tempo troviamo un altro film che ad un’attenta analisi appare non lontano dai precedenti citati se non per epoca (trent’anni prima): “Sotto accusa”, film del 1988 ispirato a fatti realmente accaduti nel 1983 e interpretato da una giovanissima Jodie Foster nel ruolo della vittima. Una ragazza subisce una violenza sessuale di gruppo in un bar alla presenza di numerosi testimoni che nel corso dell’evento non muoveranno un dito per difenderla e si tireranno indietro come testimoni.

Inutile dire che è la donna, in primo luogo, a subire il processo: bisogna verificare l’attendibilità della vittima e la difesa pone l’accento sugli atteggiamenti provocatori oltre ad uno stile di vita non ritenuto socialmente accettabile.

Sembra inverosimile come i più recenti fatti di cronaca abbiano dimostrato che il consenso, solo apparentemente semplice da verificare, sia così ambiguo da essere facilmente distorto.

Grande attenzione mediatica ha avuto il processo a Ciro Grillo, Edoardo Capitta, Vittorio Lauria e Francesco Corsiglia per lo stupro di gruppo avvenuto tra il 16 e il 17 luglio 2019; sin dal principio le vicende sono uscite dal tribunale e negli ultimi giorni ha destato nuova attenzione la richiesta di condanna da parte del procuratore capo del Tribunale di Tempio Pausania. Dott. Gregorio Capasso.

Dalle interviste, non dal carteggio processuale cui non si può accedere, emerge che la vittima è stata interrogata per 35 ore e sottoposta a 1675 domande.

È pur vero che la formazione del consenso e la sua percezione possono essere influenzate da molteplici fattori, ma in questa vicenda è presente una dose eccessiva di alcol che rende la vittima incapace di reagire, lividi, l’amica ubriaca che dorme sul divano accanto e non si accorge di nulla, persino le fotografie di atti sessuali scattate dai ragazzi.

Nelle parole dei soggetti coinvolti, che siano operatori del diritto o organi di informazione, si legge molta empatia nei confronti degli imputati, messi quasi sullo stesso piano della vittima: “tutti sono stati travolti da una vicenda più grande di loro”; tutti?

Per completare la ricerca tra serie TV e film che trattano della violenza sulle donne arriviamo al 1979, ma questa volta non si tratta di alcuno dei due generi, bensì di un eccezionale “documentario” realizzato da Loredana Dordi, Rony Daopulo, Paola De Martis, Annabella Miscuglio, Maria Grazia Belmonti, Anna Carini (filmaker, registe e programmiste), di cui se ne consiglia vivamente la visione, realizzato quando per la prima volta le telecamere ripresero un “vero” processo per stupro. Su Rai Play (https://www.raiplay.it/programmi/processoperstuprolarringadilagostenabassi) è possibile rivedere l’arringa dell’avvocata di Tina Lagostena Bassi, avvocata di parte civile nel procedimento, di cui si riportano alcuni passaggi alla luce di quanto accade ancora oggi a distanza di oltre 45 anni: «Presidente, Giudici, credo che innanzitutto io debba spiegare una cosa: perché noi donne siamo presenti a questo processo. Intendo prima di tutto Fiorella, poi le compagne presenti in aula, ed io, che sono qui prima di tutto come donna e poi come avvocato. Che significa questa nostra presenza? Ecco, noi chiediamo giustizia … Questo è l’ennesimo processo che io faccio, ed è come al solito la solita difesa che io sento. Vi diranno gli imputati, svolgeranno quella che è la difesa che a grandi linee già abbiamo capito. Io mi auguro di riuscire ad avere la forza di sentirli … e di non dovermi vergognare, come donna e come avvocato, per la toga che tutti insieme portiamo. Perché la difesa è sacra, ed inviolabile, è vero. Ma nessuno di noi avvocati – e qui parlo come avvocato – si sognerebbe d’impostare una difesa per rapina così come s’imposta un processo per violenza carnale. Nessuno degli avvocati direbbe nel caso di quattro rapinatori che con la violenza entrano in una gioielleria e portano via le gioie, i beni patrimoniali sicuri da difendere, ebbene, nessun avvocato si sognerebbe di cominciare la difesa, che comincia attraverso i primi suggerimenti dati agli imputati, di dire ai rapinatori “Vabbè, dite che però il gioielliere ha un passato poco chiaro, dite che il gioielliere in fondo ha ricettato, ha commesso reati di ricettazione, dite che il gioielliere un po’ è un usuraio, che specula, che guadagna, che evade le tasse!” Ecco, nessuno si sognerebbe di fare una difesa di questo genere, infangando la parte lesa soltanto … Ed allora io mi chiedo, perché se invece che quattro oggetti d’oro, l’oggetto del reato è una donna in carne ed ossa, perché ci si permette di fare un processo alla ragazza? E questa è una prassi costante: il processo alla donna, La vera imputata è la donna. E scusatemi la franchezza, se si fa così, è solidarietà maschilista, perché solo se la donna viene trasformata in un’imputata, solo così si ottiene che non si facciano denunce per violenza carnale … secondo me è umiliare una donna venire qui a dire “non è una puttana”. Una donna ha il diritto di essere quello che vuole, e senza bisogno di difensori. E io non sono il difensore della donna Fiorella, io sono l’accusatore di un certo modo di fare processi per violenza, ed è una cosa diversa …».

adminlesociologie

adminlesociologie

Lascia un commento

Questo sito utilizza i cookie e richiede i tuoi dati personali per migliorare la tua esperienza di navigazione.