Cilento: Terra Matrigna

sociologia generale

Cilento: Terra Matrigna

SOCIOLOGIA DEI TERRITORI

di Pasquale Martucci

Un anno fa si svolsero tre Convegni nel Cilento, per parlare di emigrazione giovanile e fare un parallelismo tra l’abbandono del territorio di ieri e lo spopolamento del Cilento, e del Mezzogiorno, ovvero la condizione oggi a noi più vicina.

Gli Atti di quegli incontri sono oggi contenuti nel volume:
Terra Matrigna – 150 anni di emigrazione e spopolamento del Cilento. Da un allontanamento necessario all’abbandono consapevole.”

Si tratta delle conclusioni di studiosi che hanno voluto affrontare un tema preoccupante, forse drammatico. Gli incontri furono organizzati dall’Associazione Progetto Centola e dal Gruppo Mingardo/Lambro/Cultura, con il sostegno dei sindaci dei tre comuni e del Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano.

Il libro sarà presentato durante il mese di agosto, secondo il seguente calendario:

1) il 7 agosto 2022 a Torraca, Cappella della Congrega delle Anime del Purgatorio, alle ore 21, con relatori: Luciana Gravina, Francesco Sisinni, Ezio Martuscelli, Francesco D’Episcopo, Francesco Maldonato, Giovanni Falci, Domenica Iannelli, Rita Gravina;

2) il 12 agosto 2022 a Celle di Bulgheria – Poderia, Palazzo Caputo- Ramella, ore 21, con relatori: Pasquale Carelli, Ezio Martuscelli, Corrado Limongi, Francesco Russo, Angelo Carelli;

3) il 21 agosto 2022 a Centola – Palinuro, Hotel San Pietro, ore 21, con relatori: Melania Santarcangelo, Ezio Martuscelli, Raffaele Riccio, Ferdinando De Luca;

4) il 27 agosto 2022 a Vallo della Lucania, Sala Consiliare, ore 21, con relatori: Ezio Martuscelli, Pasquale Martucci, Gerardo Russo, Luigi Leuzzi.

I tre Convegni di un anno fa furono strutturati in luoghi significativi del territorio: “L’emigrazione storica di massa”, a Celle di Bulgheria il 31 luglio 2021, nello scenario del centro storico che rievoca le gesta del principe bulgaro Khan Alzeco, il grande condottiero che guidò gruppi di popolazione bulgara verso il Sud Italia;
L’emigrazione contemporanea, la diaspora dei giovani”, a Torraca il 7 agosto 2021, nei pressi del Castello di Palamolla, che si erge su uno sperone in posizione dominante rispetto al centro, con mura alte e maestose;
Lo spopolamento delle aree interne”, a Palinuro nel Teatro Antiquarium, il 21 agosto 2021. L’Antiquarium di Palinuro è posto a strapiombo sulla cala della Ficocella vicino al centro e poco distante da Palazzo Murat, da cui si gode un panorama mozzafiato. Al suo interno sono conservati alcuni degli oggetti recuperati durante gli scavi effettuati dal 1948 sull’altura, in località San Paolo, che divide Palinuro dalla Molpa.

Gli interventi riportati nel volume partono dall’emigrazione, dopo l’Unità d’Italia, che ha caratterizzato non solo questa terra, attraverso fenomeni che sono riconducibili ad unitarietà interpretativa, di cui vedremo in seguito. È un territorio che nei decenni non ha impedito l’esodo dei suoi abitanti, ma è anche una terra che dispone di ricchezze e bellezze culturali, che giungono dalla storia ed anche dalla natura, e che dovrebbero essere potenziali risorse da utilizzare per un significativo rilancio.

Si è sempre detto che la storia fa muovere gli eventi; in questo caso si tratta di una storia che si dipana senza che gli uomini riescano a porre degli argini, arrestare le componenti più dannose e pericolose. È la storia che cerca un aiuto, da chiedere ad economia, diritto, organizzazione, all’azione della gente che deve pur acquisire la consapevolezza di evitare un destino ineludibile. La tendenza dovrebbe riguardare “politiche di riequilibrio”, riducendo i difetti strutturali dell’intero Mezzogiorno: controllo del territorio e contrasto alla micro-illegalità, digitalizzazione e innovazione nel rapporto burocratico tra cittadini e controparte istituzionale; investimento nell’istruzione di ogni ordine e grado, con ampio intervento su formazione e trasformazione continua delle abilità e delle competenze; riduzione dei gap infrastrutturali che non permettono un’adeguata connessione socio-produttiva del Sud col resto del Paese e con l’Europa.

Leggendo le argomentazioni degli autori, si comprende la gravità del problema. I loro scritti fanno riflettere, specie se ci si sofferma non solo sui dati, ma soprattutto sulle immagini, foto, che mostrano emozioni violente e perturbanti: gente che parte, persone che si spostano per poi dividersi, certificati e documenti e soprattutto foto, che sottolineano i grandi drammi.

La prima considerazione da fare è che si tratta dell’antitesi alla “restanza” di Vito Teti, e dà invece il senso della diaspora, termine crudele ma anche oggi attuale per via della guerra. Anche in questo fenomeno c’è una guerra combattuta con le armi dell’abbandono.

Dunque, terra matrigna, diaspora, abbandono, spopolamento: un fenomeno che può anche essere differenziato in cicli: dall’Unità d’Italia agli anni sessanta/settanta del novecento; dal 1970 ai primi del nuovo millennio; la realtà attuale. Resta però attuale nella sua ciclica evoluzione, dalle vecchie formule a quelle oggi evidenti.

La nuova emigrazione, sostiene Martuscelli, è lo spopolamento del sud. In altra parte del volume pone la questione delle skilld emigration, presenza di giovani con alto livello di istruzione, tra spopolamento e diaspora, con ritorni solo per le vacanze. I dati del 2019 sono drammatici: Sala Consilina – 604 abitanti; Castellabate – 462; Celle Bulgheria – 43; Torraca – 17; Centola – 56, e così via.

Luciana Gravina parla di consapevolezze identitarie. O meglio di crisi e contraddizioni dei veloci processi storici che si affermano. Non è la scelta di andare, ma la consapevolezza di dover proprio andare, perché non ci sono le condizioni per poter restare. E quelle condizioni sono rappresentate da scuola e formazione, burocrazia, mancanza di idee per lo sviluppo.

Antonio Calicchio sulla condizione giovanile rileva: assenza di scopo, di risposte, di valori. Ed è nuovamente tirata in ballo la formazione ed un grido di dolore: non interrompete la comunicazione tra mondi, giovani e adulti.

Rita Gravina si sofferma sull’invecchiamento della popolazione in parte compensato dai migranti. Ci sono anche loro, ed è un bene, altrimenti sarebbe anche peggio. Ma perché i giovani partono? E perché proprio dal sud, dalla Campania, dal Cilento? La studiosa presenta molti dati: fa riflettere soprattutto il fenomeno dei NEET, coloro che non studiano, non lavorano, non arricchiscono la loro professionalità con la formazione.
C’è infelicità, apatia e la percezione di un mondo che li respinge.
Che fare? Partire dalla preparazione professionale, costruendo una coscienza di civil servant nell’amministratore pubblico. Se non c’è questo, se non c’è crescita in coloro che dovrebbero favorire la crescita, le stesse agenzie che gestiscono gli incentivi per favorire le imprese, lo stesso PNRR, le azioni Svimez, restano ferme al palo. Conclude Gravina con un po’ d’ottimismo, specie ora che si osserva il fenomeno, di nicchia, di giovani che cercano la “restanza”, mettendo magari a disposizione le esperienze maturate all’estero e con la disponibilità di conoscenze tecnologiche.

L’intervento di Luigi Leuzzi non poteva non affrontare la componente antropologica del fenomeno, passando per la bellezza della “migrazione ritualizzata”, come veicolo di scambi di civiltà. Poi ci sono state le migrazioni per la mancanza di processi virtuosi di sviluppo, che si sono verificati anche per il conservatorismo interno che ha visto una differente attitudine antropica: la formazione non mirata a dimensioni comunitarie; l’assenza di valorizzazione delle potenzialità delle aree a vocazione agricola e turistica. Sarebbe il caso di puntare ad infrastrutture e servizi. Il grido di dolore riguarda il disagio delle architetture rurali dismesse, dei campi inselvatichiti; anche di un linguaggio che oggi trascende le peculiarità dei luoghi affidandosi alla comunicazione multimediale. È la “Grande Madre”, una delle intuizioni di Leuzzi, che ora è diventata “Matrigna”?

Ferdinando De Luca si occupa delle cause: globalizzazione, sviluppo dei Paesi emergenti che fanno concorrenza all’occidente, scarsa capacità imprenditoriale. Nel territorio osserva le mancate speranze del Parco che non ha rappresentato, anche per le poche possibilità economiche e le lungaggini legislative e burocratiche, un’inversione di tendenza.

Raffaele Riccio correla le cause antiche, mancanza di lavoro, povertà, desiderio di un futuro migliore, con la possibile reversibilità del ritorno, per l’attuazione dei limiti delle distanze e soprattutto l’esigenza di vivere in condizioni ambientali migliori. Poi i ritorni potrebbero essere supportati anche da una serie di iniziative legate a cultura, servizi e turismo.

Francesco D’Episcopo rileva la mancanza di occupazione, anche se è importante incentivare la ricerca e guardare al futuro perché il sud resta uno dei più fervidi e vivi laboratori culturali.

Una parte interessante degli Atti è rappresentata dalle storie di emigrazione, pagine toccanti, foto e lettere, da Celle Bulgheria (Ezio Martuscelli, Pasquale Carelli e Angelo Carelli), a Torraca (Domenica Iannelli, Rita Gravina), a Centola-Palinuro (Maria Luisa Amendola, Angela Natale).

Le strategie indicate riguardano la creazione di condizioni per la modernizzazione e lo sviluppo di attività economiche sostenibili, centrate prioritariamente sulle risorse del territorio, a partire dalla dieta mediterranea e dalla green economy, creando opportunità lavorative legate all’uso sostenibile del patrimonio naturale e interpretando in maniera innovativa le pratiche di una “cultura materiale” che, nella sua storia millenaria, ha costruito paesaggi, culture e stili di vita, riconosciuti oggi come Patrimonio dell’umanità.

Gli autori hanno rimarcato le possibilità del riscatto del territorio, attraverso progetti, formazione, imprenditorialità, ammodernamento di strutture e servizi, nuove forme di gestione della burocrazia, che deve essere molto più rapida ed incisiva per il rilancio.

Qualche anno fa lo storico Domenico Chieffallo si aggirava nelle case dei cilentani per trovare tracce di abbandono ma anche la ricerca del riscatto. Quello era il tempo in cui il Cilento viveva come una iattura abitare in questa zona, dove l’ignorante contadino guardava lontano e fuggiva. Oggi emigrare non è più così, perché il riscatto dovrebbe essere trovato nella propria terra, ricca di risorse indescrivibili che apprezzano solo coloro, i turisti culturali, che nei loro luoghi di provenienza fantasticano l’incanto di un territorio che permette di sfuggire alle regole economiche. Manca loro la cultura dei luoghi, l’arma qui presente, che potrebbe far crescere, comprendere ed organizzare un’area con infinite potenzialità.

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