Dibattito sull’identità cilentana

Dibattito sull’identità cilentana

di Domenico Nicoletti

Il prof. Domenico Nicoletti, già direttore del Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, ora direttore del Parco Nazionale dell'Alta Murgia, docente presso le Università di Napoli e Salerno, è intervenuto nel Dibattito sull'identità del 26 novembre, rispondendo all'intervento di Pasquale Martucci pubblicato su Le Sociologie

Caro Pasquale,
molto interessante questo approccio, che ha avuto eccelse e riconosciute interpretazioni in sede del riconoscimento del Cilento come “Paesaggio Culturale” da parte dell’UNESCO nella World Heritage list, di cui mi onoro di aver fatto parte come coredattore.
Approcci evolutivi negli anni sviluppati con altri tre riconoscimenti UNESCO che mancano di “consapevolezza” sui risvolti della loro modernità. Il lavoro del CNR che ha citato mi apre a tanti bei ricordi che andrebbero rilanciati.
Ma quello che più mi ha emozionato in questi anni è la sensibile e straordinaria attenzione di alcuni cineasta nei confronti della nostra terra tra questi Mario Martone che nella “Pastore Cilentana” ad expo 2015, ha saputo rappresentare la summa dell’identità di un territorio patrimonio del mondo (che in continuo girava sullo schermo più grande del mondo nel padiglione zero di EXPO, dietro la parete della libreria del tempo, creando in me la sensazione di aver riletto il dossier per il riconoscimento UNESCO sull’umanità del Cilento.
Grazie degli spunti che mi invii e spero di poter partecipare a qualche vostro incontro “dal passato la forza del futuro della nostra bella e amata terra”.


Ti allego qualche riflessione che abbiamo fatto con l’amico Paolo Zanenga nei suoi “Quaderni di Diotima” sulle suggestioni del Cilento.
«Ripensare i territori come sistemi aperti, stelle polari con relazioni multiple ed estese, non ambiti delimitati da confini»: questo il modello per una proposta adeguata a una rivoluzione spaziale, antropica, tecnologica, sociale, economica, molto più profonda e radicale di quella aperta dai viaggi oceanici, dal sistema copernicano o dalle successive rivoluzioni industriali. Questo vuol dire pensare i territori come sistemi che combinano contenuti, simboli e linguaggi per essere continuamente attrattivi, creativi ed espansivi. La grande metafora di questa rivoluzione è il passaggio dal modello della macchina al modello del vivente, in cui la diversità, la molteplicità di fattori ricombinabili è la condizione della vita. Studiare la biodiversità non è importante solo per trarne risorse ancora sconosciute, ma per comprendere gli equilibri dinamici che le attuali governance economiche e territoriali non sono in grado neppure di vedere.
Proprio come i nodi negli ecosistemi naturali, i territori seguono la legge di potenza, per cui alcuni generano intorno ad essi sistemi sempre più ampi. Il fattore chiave di questo processo espansivo è la capacità di attrarre e interiorizzare culture ed esperienze, e soprattutto di rielaborarle con una speciale intelligenza creatrice.
Il pericolo maggiore per la vita è l’omologazione, sia all’interno, sia nelle reti esterne. Questo spiega la necessità della strategia glocal, che è anche quella adottata dalla natura: un polo si espande se è alimentato in continuazione dalla diversità di fonti locali, attraendone o creandone di continuo di nuove.

-E.L.E.A. – Experimental Lab For An Ecosystemic Advancement: L’applicazione del concetto di territorio generativo al Cilento, terra di Elea (I Quaderni di Diotima Society)
-RITORNO ALLA POLIS: Il territorio ripensato ritrova il valore dei suoi patrimoni e riscopre il ruolo generativo della Polis. (I Quaderni di Diotima Society)

adminlesociologie

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