Q.I. cervelli (ma non solo), a confronto

Q.I. cervelli (ma non solo), a confronto

Di Luciano Scateni

Sembrerebbe impossibile dissentire dall’esito delle ricerche condotte sul Quoziente Intelligenza, genio, creatività, leadership estetica e molte altre qualità umane, dall’esimio prof Deal Smontò, illustre studioso, accademico ai massini livelli, presidente di società di psicologia generale, dell’Empirical Aesthetics, Creative and the Arts, eccetera, eccetera. Il soggetto in questione si è ‘divertito’ nello stilare la classifica dei presidenti Usa più meno intelligenti e ci fulmina con un giudizio che dire sorprendente è davvero riduttivo: se John Quincy Adams è il numero uno in classifica (con il punteggio di 168,8), Truman è tra i peggiori, non il peggiore (127,58). La maglia nera l’indossa Biden con un pessimo 115. Nella lista degli intelligenti figurano anche otto presidenti che non hanno mai terminato gli studi. E meritano i primi posti Kennedy, Clinton, Obama, Carter, tutti dem. Nessuna meraviglia. A spedirci momentaneamente nella categoria dei ‘basiti’ ’è la valutazione di Trump, di un suo Q.I. a quota 145, trenta punti in più di Biden. A giudicarlo con obiettività, non stupisce il non genio del presidente in carica e prende una sinistra luce la considerazione sul favore preelettorale degli americani per il pluri indagato tycoon, razzista, guerrafondaio, molestatore sessuale, eccetera, che dal paese della vantata democrazia mondiale dovrebbe sparire alla chetichella e rifugiarsi su un isolotto sperduto nell’Atlantico, per sottrarsi alla scure della giustizia. E invece compete per riabitare la Casa Bianca. Trump è l’immagine speculare degli americani giustizieri della notte, degli adepti di ordini religiosi che sostengono con molti milioni la destra di non pochi Paesi (e quella italiana non ne è esclusa, anzi), dell’elettorato che tifa per i petrolieri, i produttori di armi, le potenti multinazionali del farmaco, il dio denaro, l’autarchia economico-finanziaria e l’espansionismo aggressivo. È da capire: possiamo mettere una mano, o peggio, tutte e due le mani sul fuoco nel valutare come credibile l’imparzialità politica del prof americano? Vero, dalla sua c’è che autorevoli investigatori degli umori popolari e sondaggisti, raccontano quasi all’unisono la corsa elettorale non parallela tra democratici e repubblicani, con Trump in testa su Biden. Il supposto andamento del confronto forse suggerisce la possibile alternativa, per ricondurlo a ragione. Se l’esito della ricerca risultasse alterato per scoperta empatia di Simonton con la destra americana, alla speranza di azzerare l’era Trump, toccherebbe tifare per la Giustizia e di aver fede nell’indipendenza della Magistratura Usa, perché lo escluda dalla competizione elettorale con condanne adeguate ai reati commessi, ma soprattutto credere nel difficile rinsavimento dell’elettorato democratico. Fatta salva la buona fede del prof. Simonton, ma anche edotti dagli ormai innumerevoli casi di hakers, che manipolano l’informazione mossi da interessi politici sovversivi, l’augurio è che la vittoria ai punti di Trump su Biden in tema di Q.I. escluda il giudizio sulla stima di migliore elemento per leadership per futuro prossimo Governo degli Stati Uniti. 

 

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