Webinar su applicazioni giudiziarie della professione sociologica (05/12/2020)

Il 5 dicembre 2020 si svolse una teleconferenza sul tema “Sociologi come CTU e CTP” organizzata dall’ANS Campania e dal Laboratorio ANS Lapariss. Di seguito si pubblica il verbale stilato sulla base della registrazione del dibattito, cui parteciparono circa 30 iscritti, anche se intervenne un numero ridotto di essi.

Apre i lavori Sergio Mantile, Segretario dell’ANS – Dipartimento Campania

I partecipanti (in ordine di collegamento) vengono invitati a comunicare la loro principale area di interesse professionale (AIP), la città di residenza e/o lavoro e le aspettative informative per la videoconferenza (AI).

Anna Mastroianni: AIP: Formazione e riabilitazione – Napoli – AI: Le modalità burocratiche di accesso alle consulenze CTU e CTP;

Oriana De Core: AIP: Minori e immigrati – Caserta – AI: Panoramica generale;

Luisa Cirillo: AIP: Riabilitazione psichiatrica – Giugliano in Campania – AI: Albo per i sociologi;

Valeria Smitti: AIP: Progetti dispersione scolastica – Giugliano in Campania – AI: Panoramica;

Giovanna Cuturi: AIP: Criminologia; Metodi sociologici per la consulenza CTP e CTU; docenza universitaria privata – Roma – AI: La metodologia sociologica applicata al campo giudiziario;

Ester Ventura: AIP: Collaboratrice di cattedra, didattica, organizzazione aziendale – Salerno – AI: Panoramica generale;

Gabriella Notorio: AIP: Antiviolenza sulle donne; Criminologia – Portici – AI: La valutazione del danno esistenziale;

Gaia Cafiero de Raho – AIP: Area criminologica (frequenta secondo anno della specialistica in sociologia criminologica) – Napoli – AI: Panoramica generale;

Francesca Nigro: AIP: Criminologia (laureata in criminologia a Bologna) – Mantova – AI: Panoramica generale soprattutto applicativa (redazione del verbale, ecc.) CTU e CTP;

Valentina Trunfio – AIP: Comunicazione efficace; esperta di PNL (opera in tale ambito) – Pavia – (AI): Le figure del CTU e del CTP e le modalità burocratiche di accesso;

Partecipante 1: AIP: Area Criminologia e sociologia forense (iscritta al primo anno della biennale specialistica) – Chieti – AI: Panoramica generale;

Maria Trapani: AIP: Ricerca sociale (Laureata sia in sociologia che come Assistente sociale) – Veneto – AI: Valutazione del danno esistenziale (ha partecipato anche al seminario di ANS Campania del 2014 sul danno esistenziale);

Rossella Cappabianca: AIP: Problematiche femminili; consulenza familiare; consulenza CTU e CTP – Cellole – AI: Panoramica generale;

Fabio Cinnadaio: AIP: Insegnamento e giornalismo – Brescia – AI: Panoramica generale;

Federico Mantile: AIP: Neuropsichiatria infantile; consulenze CTU e CTP in ambito neuropsichiatrico; docenza universitaria – Napoli/Macerata – AI: Testimone privilegiato;

Maurizio Vitiello: AIP: Critica e sociologia d’arte; giornalismo e scrittura – Napoli – AI: Programmazione di attività laboratoriali ANS Campania;

Pino Cotarelli: AIP: Informatica; teatro e giornalismo culturale e sociologico – Napoli – AI: Programmazione di attività laboratoriali ANS Campania;

Mimmo Condurro: AIP: Devianza minorile; intervento sociologico nel servizio sociale; associazionismo socioassistenziale; sociologia politica – Napoli – AI: Programmazione di attività laboratoriali ANS Campania;

Sergio Mantile: AIP: Ricerca sociale; progettazione di contrasto alla criminalità minorile; sociologia urbana; sociologia clinica – Pozzuoli/Napoli – AI: Programmazione di attività laboratoriali ANS Campania;

Roberto De Vincenzo: AIP: Consulenza aziendale; elaborazione di business plan; organizzazione e gestione di formazione professionale; AI: Programmazione per la gestione di attività laboratoriali ANS Campania.

Disbrigate le formalità di inizio, prende la parola il Presidente dell’ANS Campania1:

Domenico Condurro: Benvenuti a tutti, ringrazio Sergio e Federico Mantile, il Direttore del Laboratorio ANS La.Pa.Ri.S.S. pro, Roberto De Vincenzo e faccio un saluto particolare al Direttore Responsabile del giornale on line Le Sociologie, Pino Cotarelli.

Sono soddisfatto della presenza di tanti sociologi, per l’avvio di questa iniziativa con metodologia di comunicazione a distanza. Dato che l’ANS Campania opera da anni per la spendibilità professionale dei saperi sociologici, reputo importante l’applicazione del sociologo alla consulenza del CTU e del CTP. Non a caso, da prima del Covid, avevo previsto la possibilità di organizzare dei corsi per i sociologi in tal senso. Questo è l’incontro zero, anche per la novità del mezzo.

Sergio Mantile: La conferenza di oggi rappresenta l’avvio di una serie di teleconferenze per azioni di pressione culturale volte a favorire l’utilizzo dei sociologi come CTU e CTP da un lato, e per una loro appropriata formazione in tal senso. Perciò, data la necessità di tracciare a grandi linee una panoramica dell’argomento, chiedo al dott. Mantile di darcene qualche informazione di massima.

Federico Mantile: Io, in realtà, sono stato 10 anni come giudice onorario presso il Tribunale dei minori, ma sono circa 35 anni che lavoro come consulente del tribunale e come CTP. Diciamo che ai miei tempi occorreva, a parte una condotta specchiata, anche l’appartenenza ad un Ordine professionale o l’iscrizione alla Camera di Commercio. Parliamo di CTU in ambito civile, perché in ambito penale si parla di perito. I CTU vengono nominati dal Tribunale mentre i CTP sono nominati dalle parti, che sono solventi. Questo è necessario chiarirlo perché, per esempio, io sono in credito di circa 15 mila euro con i tribunali, e non c’è verso di ottenerli. Per averli, bisognerebbe fare cose impegnative e dall’esito incerto, come un decreto ingiuntivo, ecc..

Per quanto riguarda la sociologia, pur avvertendo la esigenza di contributi sociologici, in 35 anni di lavoro con i tribunali, non ho mai incontrato un consulente sociologo. Quindi, credo sia importante per questa figura professionale promuovere dei convegni, farsi conoscere. La collega di Roma, Giovanna Cuturi, giustamente diceva – nell’informale scambio di informazioni prima della conferenza vera e propria – che ci sono competenze che non attengono allo psicologo, ma al sociologo. Roma, che è una piazza importante, ha già recepito. Peraltro, c’è una certa rigidità dei magistrati ad uscire fuori dal seminato, per cui, se non c’è una prassi consolidata, queste consulenze non vengono affidate. Per ottenerle, ci vogliono gli Ordini professionali oppure una conoscenza diretta da parte del magistrato, che stima personalmente quel professionista e lo convoca con chiamata diretta. Mi fermerei qua, perché è meglio rispondere alle domande.

Sergio Mantile: Ci si può iscrivere ad intervenire, a fare domande.

Rossella Cappabianca: La mia curiosità dipende dal fatto che sono iscritta all’albo dei CTU ma non sono mai stata convocata da un giudice. Credo che, a parte la questione della nostra professionalità, c’è anche il problema di stare in qualche giro utile, di conoscere qualche cancelliere…Io sono iscritta da 4 – 5 anni nel registro dei CTU. Vorrei sapere da Federico quale sia il segreto per accedere.

Federico Mantile: Il giro ci deve essere. Per me è stato facile, in quanto giudice onorario, e poi 35 anni fa c’erano veramente pochi medici a fare consulenze. Ci sono però degli ambiti nei quali è possibile farsi spazio. Per esempio, nel ramo della medicina del lavoro o presso gli avvocati che si sono specializzati sugli indennizzi. In tal senso, diventa importante fare dei convegni per farsi conoscere.

Rossella Cappabianca: La trovo un’ottima idea. Qualche avvocato o qualche magistrato lo posso sicuramente invitare io.

Sergio Mantile: Diciamo che in una strategia per l’inserimento effettivo del sociologo nel lavoro di consulente dei tribunali o degli avvocati, bisogna muoversi contemporaneamente lungo due direttrici.

Sulla prima, la parte A della strategia, occorre promuovere convegni e pubblicazioni, magari con la presentazione di study case reali, per rendere consapevoli i magistrati e avvocati di quale possa essere il contributo sociologico al loro lavoro. Possiamo fare un sottogruppo di lavoro su questo.

L’altro gruppo potrebbe concentrarsi su specifici oggetti di specializzazione, come per esempio la questione della valutazione del danno. Chiedo su tale tema prima a Federico e poi a qualche sociologo che se ne è occupato.

Federico Mantile: Per quanto mi riguarda, ho svolto perizie sul danno biologico o, per esempio, sul danno esistenziale di minori che hanno subito dei danni a seguito di una anestesia. Mi mancavano strumenti quali quelli della sociologia per le indagini ambientali e della vita di relazione, che veniva in qualche modo e misura limitata dal danno. Poi, per la quantizzazione del danno ci sono delle tabelle.

Francesca De Nigro: l’aspetto relazionale nel minore è particolarmente importante. Per questo è necessario un approccio multidisciplinare. Occorrono competenze peculiari e differenziate sui diversi fattori e fenomeni che hanno peso sulla vita emotiva dei minori, sul loro sviluppo e sulle loro problematiche. Lo stesso cyber bullismo, per fare un esempio, è qualcosa che va oltre il semplice bullismo, ne rappresenta una sorta di variante con caratteri propri.

Giovanna Cuturi: Mi trovo d’accordo con Francesca e con Federico per la multidisciplinarità. Per le stesse ragioni dette dal dott. Mantile io ho escluso completamente la CTU per i ritardi nei pagamenti, e per altre cose come quella che diceva Rossella della necessità di conoscere e farsi conoscere personalmente.

Io vengo chiamata prevalentemente da penalisti o civilisti.

Per la cosa più importante, la cassetta degli attrezzi: che sia uniforme! Noi non abbiamo uniformità di metodologia. Io mi occupo in cattedra di metodologia. Vi faccio l’esempio: facciamo una relazione sulle competenze genitoriali. Che cosa utilizzi? Mi sono ammazzata di lavoro per capire come fare una relazione in tal senso. Da premettere che, come sa benissimo Federico, bisogna sempre esplicitare quale approccio si utilizza e sappiamo che la sociologia utilizza tre approcci. Io sono una funzionalista, per cui vado a controllare le funzioni genitoriali, quando si tratta di casi che riguardano i minori. Noi potremmo fare qualcosa con gli assistenti sociali, perché la valutazione sociale viene demandata molto spesso dal giudice all’assistente sociale. Loro hanno una cassetta degli attrezzi. Studiano moltissima metodologia. Noi studiamo molto macro e meso e poco o nulla di micro. Per esempio, di un approccio goffmaniano.

La sorpresa piacevole è quando il giudice cita il consulente di parte e non il CTU.

Nella nostra cassetta c’è la nostra capacità di operativizzare un concetto. Noi non facciamo come gli psicologi che somministrano dei test che sono proiettivi. Quello che noi andiamo a rilevare. Mi piacerebbe che come sociologi avessimo una cassetta degli attrezzi unica. Per esempio, per il danno relazionale, l’Ordine degli psicologi utilizza un pre-formato di rilevazione, fra cui ha inserito anche degli aspetti prettamente sociologici, ma è ovvio che un giudice chiamerà uno psicologo e non un sociologo. Perché noi non abbiamo quella casetta degli attrezzi che rende uniforme e oggettiva la nostra consulenza.

La valutazione ha bisogno di uniformità, per arrivare ad un criterio oggettivo per definire punteggi. Io sono in cerca dalla mattina alla sera di corsi per somministrare i questionari, ma che tipo di questionario noi possiamo somministrare? Perché noi dobbiamo dare un quantum al giudice. E il quantum è stabilire quanto ci sia di danno. Anche nel caso del mobbing: stress da lavoro correlato. Io ho fatto un corso per imparare ad utilizzare un questionario dell’INAIL per rilevare lo stress da lavoro correlato, che è prettamente sociologico come problema, non psicologico. Sapete quante tesi mi chiedono in criminologia? Abbiamo tanta teoria a livello macro e meso ma non a livello micro. Se anche ti chiamassero come CTU sai che devi chiarire da quale approccio parti? Mi è capitato un caso a Latina, dove gli assistenti sociali avevano ritenuto una madre inidonea. Contattata da uno studio legale, ho fatto la relazione di parte. Fortunatamente, il giudice ha accettato la relazione di parte. Il nostro ruolo, soprattutto come CTP è sapere come scrivere correttamente una relazione e come operativizzare la domanda del giudice. IL CTU deve rispondere a quesiti precisi. Io sono iscritta all’ANS Lazio, ma mi chiedevo come uniformare gli approcci. Come formare noi stessi delle scale di valutazione. Più che il problema di come e perché esser iscritti al registro dei CTU e non essere chiamati.

Sergio Mantile: Tra le molte cose appropriate ed acute che hai detto, e che condivido completamente, alcune mi hanno ricordano la lezione di costante di Wright Mills: il compito del sociologo è quello di saper raccordare gli elementi e i processi visibili, anche quelli più minuti della vita quotidiana, ai macro processi economici e politici che sfuggono allo sguardo dell’uomo comune. E poi: l’imprescindibile attenzione al micro. Per sensibilità e per la mia formazione giovanile anche psicologica, resto sconcertato dall’atteggiamento di sociologi che non capiscono e finiscono per ignorare aspetti micro, persino familiari, della società.

E ancora: a proposito del giusto obiettivo di creare una casetta degli attrezzi sociologici, credo sia necessario uniformare le metodologie da un lato ma dall’altro specializzare le tecniche applicative. La ricchezza di approcci metodologici della nostra materia va disciplinata e utilizzata per l’esigenza applicativa. Tu stessa hai giustamente citato il funzionalismo e Goffman, che, pur distanti metodologicamente, sono tuttavia risorse applicabili dove possono essere più proficue. L’importante è, come viene richiesto nei verbali – non solo per il tribunale, ma anche quando si presenta, per esempio, un rapporto di ricerca al CNR – esplicitare l’approccio che si è scelto di utilizzare. In questa attività, i docenti universitari servono a molto poco come professionisti impiegati sul campo. Mancano di sensibilità per il lavoro sociologico, cosa che attiene a noi come organizzazione professionale. C’è un grande lavoro creativo da fare.

Rossella Cappabianca: Io sono molto d’accordo con la Cuturi, l’unico corso che ho fatto è stato sulla sociologia forense, facemmo anche un convegno con i magistrati. Di fatto, un sociologo che faccia il CTU dovrebbe rispondere a domande precise. Abbiamo una relazione sulla valutazione del danno, dove ci sono degli indicatori per valutare il danno. Io ho dovuto comprare una serie di volumi…

Sergio Mantile: Però è necessario fare qualcosa di più complesso dei puri corsi di aggiornamento. Occorre uscire dalla logica del certificato e dei pacchetti di informazioni certificate. Se è fondamentale produrre metodologie e tecniche applicative condivise, concettualmente solide, è sicuramente coessenziale imparare a produrre conoscenza realmente utile e ulteriore rispetto a quella prodotta dalle altre discipline, non solo schemi tassonomici. Occorre uno sforzo creativo particolare per immaginare (comunque sulla base di esperienze vissute o raccolte) delle applicazioni molteplici per l’esteso universo dei concetti sociologici, e che per di più funzionino effettivamente sul piano cognitivo e non solo su quello compilativo.

Rossella Cappabianca: d’accordo sul passaggio di Federico. Però andrebbero fatte entrambe le cose. La cassetta degli attrezzi. Calzante l’esempio degli assistenti sociali, che non hanno le nostre competenze ma il fatto che abbiano delle metodologie comuni li mette insieme. Occorre avere una nostra identità. Siamo troppo individualisti. Noi, in assenza di un albo, abbiamo l’Associazione, che deve svolgere le funzioni di un Ordine.

Giovanna Cuturi: Rossella ha detto una cosa importante. Per esempio, Federico, medico, quando deve fare delle quantificazioni deve fare riferimento a delle tabelle che vengono dettate dal suo Ordine. Anche gli psicologi hanno delle linee guida dettate dall’Ordine, ecco perché io parlavo di uniformità. Tutti quelli che si iscrivono a criminologia, poi con la laurea in criminologia, che cosa fai? Anche quella è una professione non regolamentata. Tutti gli Ordini danno le linee guida nella valutazione. Io mi occupo anche di medicina legale delle Assicurazioni. Mi chiedono le tesi sulla responsabilità civile, l’ultima di una anestesiologa del Pascale, la prima cosa che fanno è guardare le linee guida altrimenti incorrono nelle sanzioni.

Maurizio Vitiello: Credo che i sociologi dovrebbero farsi conoscere dai Presidenti di Tribunali. Noi facemmo qualche anno fa un convegno con i magistrati e con l’Ordine degli avvocati di Napoli. Anche con Franco Roberti ex Coordinatore dell’Antimafia. O anche con Fefè de Raho. Anche un convegno con l’ANS nazionale. E’ il caso di coinvolgere i Presidenti dei magistrati e l’Ordine dei sociologi. Dargli un prontuario.

Anna Mastroianni: Complimenti alla dottoressa Cuturi perché sto aspettando da tempo dei contributi e degli strumenti operativi dei quali ha parlato lei. Assurdo che non ci siano sociologi tra i CTU. L’importante è fare dei corsi sulla violenza alle donne. La nostra visione a 360 gradi deve essere condivisa con gli altri. A noi servono dei corsi che siano univoci. Che possiamo utilizzare non solo in ambito di CTU. Nel GLH noi sociologi non ci siamo. Non parliamo solo di CTP e di CTU. Dovrebbero esserci lavoro per il sociologo in diversi ambiti. Noi siamo ancora fermi a nasconderci. Poi organizzare a tappeto con gli avvocati e mi metto a disposizione con le conoscenze che ho presso il tribunale.

Ferdinando Tramontano: Tutti i CTU della Campania sono soci ANS, perché l’ANS è l’unica associazione professionale di sociologi accreditata presso i Tribunali. Noi abbiamo la possibilità di creare le linee guida per i CTU dell’ANS. Non abbiamo bisogno che ce lo vengano a dire i docenti universitari. Noi siamo andati come ANS a Salerno a spiegare che c’era una professione che i sociologi potevano fare come CTP e CTU. Necessario prima dei convegni, che non servono a niente, di fare un gruppo di lavoro sulla realizzazione di corsi. Non deve venire da AIS, perché i suoi iscritti non ne sanno proprio nulla. Certamente con esperienze di chi ne sa più di noi potremo prendere delle strategie. Quando avremo un gruppo di CTU e CTP potremo presentarci ai magistrati. Che gli andiamo a dire?

Sergio Mantile: Io non vado a dire al magistrato che cosa deve fare. Non vado a fare il professore di cose che non conosco. Si tratta, con i convegni, semplicemente di collaborare con lui. Non a caso parlavo di utilizzare degli study case, ovvero di conoscenze già esperite, per confrontarle con i bisogni dei magistrati. Dicevo in una ottica creativa perché si crei una interazione con i giudici e gli avvocati che ci permetta di conoscere le loro necessità.

Sono perfettamente d’accordo con te quando dici che i docenti universitari non c’entrano nulla, non perché abbia qualcosa contro di loro, anzi, per me, all’interno di una strategia formativa fatta da noi, strategia che porti il sociologo a lavorare realmente nell’ambito delle professioni giudiziarie, oltre che negli ambiti delle scuole, dei servizi sociali, degli enti locali, delle Regioni, dicevo!, nell’ambito di una strategia da noi concepita per avviare concretamente al lavoro i sociologi, che il singolo docente venga a fare la singola lezione mi va bene. Ma perché, in tal caso, lui si trova incardinato in una strategia che è completamente opposta alla sua. Lui sta nell’ottica di trasferirti dei contenuti e basta. Noi vogliamo formare per far lavorare i sociologi.

Quindi, propongo di sviluppare l’attività iniziata qui oggi, suddividendoci in due gruppi di lavoro – anche con la possibilità di prendere parte eventualmente ad entrambi – impegnandoci molto telematicamente, e quindi con un uso economico di tempo. Nel primo gruppo, dovremo immaginare delle forme e delle occasioni, progettandole anche operativamente, di collaborazione culturale con i magistrati e con le professioni e le istituzioni giudiziarie. Nel secondo, nel Laboratorio ANS, dovremo immaginare una metodologia integrata, volta all’applicazione dei saperi sociologici in diversi ambiti, cominciando dalle consulenze ai giudici e agli avvocati e continuando subito dopo con l’amministrazione di sostegno.

Roberto De Vincenzo: Sono emerse molte informazioni e richieste. Il Laboratorio ANS nasce proprio con questa prospettiva: mettere insieme tante persone che in qualche modo vogliono costruire profili professionali che ricadono nell’ambito della sociologia. E’ emersa chiaramente l’assenza di un Ordine, sappiamo che il sociologo potrebbe fare tante cose, ma di fatto si trova nella difficoltà di dover delineare il suo confine di intervento, che è uno dei problemi più seri. Ad di là delle relazioni con i tribunali, con i magistrati, con gli avvocati, e le differenze tra CTU e CTP, la realtà vera è che manca un costrutto confezionato come modello unico di intervento sociologico. L’obiettivo che ci siamo dati è quello di costruire un modello d’intervento sociologico, di base, che abbia dietro un corpo teorico sociologico, con confini definiti del sapere. Da lì ricavare gli strumenti, sia quelli generali che quelli più tecnici. Sulla base di richieste di un magistrato o di un avvocato, dobbiamo poter avere delle scale. Degli strumenti di misurazione del disagio. Tutto questo deve essere la conseguenza di un corpo teorico condiviso, che abbiamo già. Ogni sociologo tende a praticare la sociologia secondo la propria singolare sensibilità più che secondo modelli oggettivi. Ecco perché mi riferisco agli Ordini come magistrato, perché quelli mi tutelano rispetto all’individualismo psicologico. Formazione finalizzata a attività professionali, che prevede la connessione con magistrati e avvocati, nel caso del CTU e CTP ma anche referenti aziendali, per l’universo nel quale lavoro io. La consulenza di parte è uno di quelli applicativi della sociologia. Lo sforzo principale è quello di individuare il corpo teorico di riferimento, attraverso il sottogruppo di cui si parlava. Dobbiamo mettere contenuti teorici che diano risultati univoci. L’invito è: una volta istituito il Laboratorio, è quello di creare uno strumento sociologico nazionale. E questo vale anche su altri campi. Per esempio, noi stiamo lavorando anche sull’amministrazione di sostegno. Stiamo lavorando alla costruzione di un modello sociologico di intervento.

Francesca Nigro: Trovo molto interessante l’idea della nascita di un nuovo modello. Molto interessante questo incontro “zero”.

Sergio Mantile: Farò una sintesi della teleconferenza che invierò a tutti i partecipanti insieme con l’invito a partecipare ai due gruppi di lavoro indicati. La conferenza viene chiusa.

1 Dato che siamo tutti sociologi laureati, oltre a qualche docente universitario, si consideri per tutti come anteposto al nome l’appellativo ‘dott.’
adminlesociologie

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