Quarantacinque anni di storia della Caritas Diocesana di Pozzuoli
SOCIOLOGIA DELLA CHIESA E DELLA RELIGIONE
di Ciro Biondi1
Le ragioni del libro Caritas diocesana di Pozzuoli. 45 anni di storia da raccontare consistono nella necessità di raccontare un periodo storico che va dalla metà degli anni 70 del Novecento ad oggi. Ovvero, di come, in questo periodo, la Chiesa ha affrontato localmente e contribuito a risolvere una serie di problematiche.
Contrariamente a tante diocesi, di Italia e del mondo, la Diocesi di Pozzuoli ha dovuto affrontare alcune emergenze, più o meno gravi, che hanno inserito nel suo DNA alcune caratteristiche distintive della sua capacità di impegno.
Tali caratteristiche – come risposte alle emergenze – sono essenzialmente tre. La prima, iniziata con il bradisismo del 1972, ha interessato la Caritas soprattutto nella fase di costruzione del Rione Toiano, che avrebbe ospitato gli abitanti evacuati dal Rione Terra, definitivamente interdetto per il rischio di crolli. Poi, a seguito dell’evento disastroso del terremoto in Irpinia del 1980, che ha colpito anche Napoli, ed in particolare quello flegreo, che produsse prima la gestione dei campi profughi a Soccavo, a Pianura, a Fuorigrotta e nei grandi concentramenti di persone come nella Mostra d’Oltremare. In quella circostanza, la Caritas italiana volle lasciare un segno alla città di Napoli, realizzando cento appartamenti per i senza tetto.
Questi cento appartamenti vennero costruiti nella città di Napoli, a Pianura, che ricade però nel comprensorio territoriale della Diocesi di Pozzuoli che, in maniera piuttosto anomala, comprende, oltre al territorio di Pozzuoli, anche quello dei comuni di Quarto, Bacoli e Monte di Procida e di quattro quartieri napoletani: Soccavo, Pianura, Bagnoli e Fuorigrotta, che hanno un numero di abitanti considerevole (circa 72.000 la sola Fuorigrotta). Per cui, i fedeli della Diocesi di Pozzuoli vivono in numero maggiore, circa il 60%, al di fuori della stessa Pozzuoli o di Bacoli. Gli appartamenti edificati a Pianura, ancora facilmente individuabili come le cosiddette “case gialle” della Caritas, furono costruiti anche con il contributo di alcune organizzazioni caritatevoli americane.
Poi c’è stato la grande crisi bradisismica del 1982-84, i cui effetti si sono prolungati molto nel tempo, durante la quale la Caritas si impegnò innanzitutto nella gestione delle tendopoli allestite dalla Protezione Civile per gli abitanti di Pozzuoli, una gran parte dei quali, durante il biennio dell’emergenza trovò autonoma sistemazione, lungo tutto il litorale domizio grazie ad un contributo statale. Ho riportato nel libro una piccola mappa che potrebbe essere considerato quasi un tom-tom ante litteram, perché riporta le distanze tra le varie località di temporanea residenza dei puteolani e Pozzuoli. Così sappiamo che Latina dista da Pozzuoli 154 chilometri, mentre invece Mondragone soltanto 45. Questa mappa è stata di grande aiuto (in mancanza, all’epoca, di cellulari e di internet) per consentire rapidi calcoli di tempi e di costi a quelli che volevano spostarsi (per incontrare parenti, per lavoro, per cambiare eventualmente residenza, ecc.) lungo la direttrice domizia lungo la quale si era distribuita una parte cospicua della comunità puteolana. Va purtroppo ricordato, a riguardo, che se è vero che il bradisismo non ha prodotto direttamente morti, molti sono morti per incidenti stradali durante i trasferimenti, soprattutto gli operai delle fabbriche, ma anche i lavoratori del mare, i pescatori, numerosi a quell’epoca a Pozzuoli, che erano costretti, dopo i pesanti turni di lavoro, a dover percorrere molti chilometri per tornare a casa, specialmente di notte.
La storia della Caritas è fortemente intrecciata con quella dei territori in cui opera. Ne è prova evidente l’impegno da essa profuso nel seguire gli accadimenti più drammatici di quella storia. Storia che continua anche dopo la costruzione del grande quartiere di Monterusciello, progettato e realizzato per ospitare la popolazione eccedente di Pozzuoli (per inagibilità e/o abbattimento delle case e per alleggerire il territorio urbano del “peso antropico”) quando si manifestano alcuni episodi della criminalità organizzata, che cerca di entrare nella gestione dell’assegnazione degli appartamenti. Nel libro c’è anche una lunga intervista da me fatta a don Ferdinando Carannante, che ha lavorato per 25 come Direttore della Caritas diocesana di Pozzuoli, nella quale lui racconta appunto del suo confronto con le problematiche sociali innescate da Monterusciello, ivi comprese quelle criminali e anche di come abbia contribuito a costruire l’attuale Caritas con le attività in favore dei più deboli della popolazione, con gli immigrati e con le attuali attività, svolte nonostante la pandemia. Peraltro, quando parlo di Caritas, mi riferisco anche alle Caritas parrocchiali. Abbiamo oltre sessanta parrocchie sul territorio diocesano, che sono la sua vera forza. Perché le parrocchie conoscono i territori, loro segnalano alla Caritas diocesana le problematiche e le emergenze, e la Caritas diocesana coordina l’attività delle parrocchie, interviene, quando possibile con degli aiuti.
Per quanto riguarda la politica, ovviamente, impegnandosi su questioni di grande rilievo sociale, la Caritas, soprattutto nelle fasi emergenziali, ha interloquito intensamente con la politica, ma senza soggezione né risparmiarsi rilievi critici. Per esempio, all’inizio degli anni Ottanta, proprio in riferimento all’edificazione dei cento appartamenti di Pianura, nacquero dei contrasti tra il Comune di Napoli e la Conferenza Episcopale Italiana. Abbiamo nell’archivio diocesano di Pozzuoli delle lettere di protesta della CEI nei confronti del Comune di Napoli per i ritardi nel concedere le autorizzazioni. Poi, anche durante e dopo la costruzione di Monterusciello ci sono state molte denuncia da parte della Caritas che, vivendo in mezzo alla gente, non poteva non stare dalla parte dei suoi diritti.
Collaboro da circa venti anni con la Caritas di Pozzuoli e devo dire che probabilmente la cosa principale che ho potuto trasfondere di quella lunga esperienza nella mia attività di docente, è stata l’idea di cooperare con gli studenti per trasferire loro dei contenuti. Stare insieme all’interlocutore per inquadrare ed affrontare un problema comune.
Questo non è solo un libro per ricordare, ma è un libro per il futuro.
1 Ciro biondi, giornalista, docente di scuola media superiore, collaboratore della Rivista Segno dei Tempi, operatore culturale.