Ilaria-Toti, incompatibili parallelismi

                                       Ilaria-Toti, incompatibili parallelismi

                                                    Di Luciano Scateni

Ilaria Salis. Mai chiarita la dinamica e quanto ha preceduto l’aggressione a nazisti ungheresi. Il poi è nei 15 mesi di carcere-lager, disumano, torture psicofisiche, l’immagine della donna italiana in catene, al guinzaglio, nel tribunale. Ieri la notizia: Ilaria sarà liberata dall’inferno del carcere, ma dovrà sottostare agli arresti domiciliari in Ungheria. Il processo dovrà fugare ogni dubbio sull’episodio per cui è finita in carcere e che carcere. Un quotidiano italiano filo Orban racconta che Ilaria era armata di un manganello, oggetto brutalmente impugnato di recente dalla polizia italiana per impedire manifestazioni pacifiche di giovani dissidenti. A dire del giornale in questione, la concessione dei domiciliari farebbe crollare l’altarino che in questi mesi era stato creato sull’Ungheria brutta, cattiva e orbaniana. Ma va oltre, gratifica Nordio e Tajani che con i loro consigli avrebbero indotto la magistratura magiara, asservita al potere politico di Orban, a mettere fine alla prigionia disumana di Ilaria. Per la seconda volta Roberto Salis, padre di IIaria li smentisce, li accusa di non avere fatto nulla, esattamente nulla e ristabilisce la verità. Ilaria lascerà il carcere grazie alla mobilitazione popolare del nostro Paese e, guarda caso, a poca distanza dalla decisione della sinistra italiana di candidarla alle elezioni europee, scelta politicamente influente in negativo per l’immagine della destra. È solo un sospetto, ma alla decisione della Procura ungherese potrebbe aver contribuito il timore della Meloni per le conseguenze del caso Ilaria sull’esito della prossima consultazione, ipotesi avvalorata dai timori dell’ambasciatore ungherese in Italia, molto vicino a Orban.  Il giornale che plaude a Tajani e Nordio è lo stesso di uno schizofrenico parallelismo redazionale tra il caso Ilaria e gli arresti domiciliari del governatore della Liguria. Invita i lettori a riflettere sul fatto che “In Italia abbiamo appena chiuso in casa un signore (sic) con la scusa di presunti fatti accaduti anni prima, senza alcuna possibilità di fuga né di inquinamento delle prove, solo perché si stanno avvicinando le elezioni. Secondo un giudice Toti libero potrebbe reiterare il ‘presunto’ reato. Insomma, ammonisce l’articolista, non possiamo insegnare nulla a nessuno, quando si parla di giustizia. Neppure all’Ungheria”. Poi ricorda (e si dà la zappa sui piedi) che a monte della decisione dei domiciliari la magistratura ha esaminato novemila pagine di indagine, 4 anni di intercettazioni e pedinamenti. Una dichiarazione per tutte, di Spinelli, l’imprenditore corruttore: “Toti si è mosso per noi, gli ho dato 40mila euro”. La quota dell’articolo che tenta di assolvere il presidente della Liguria si augura che tutto finisca con un buco nell’acqua, nonostante intercettazioni, documenti, e dichiarazioni di corrotti e corruttori. Il the end dell’amorevole endorsement? “Toti, non ti dimettere”. 

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