JANNIK, GIÀ UN MITO

                                           JANNIK, GIÀ UN MITO

                                         Di Luciano Scateni

Mai usato il carattere 22 di Times New Roman: è una dimensione enfatica che meritano solo eventi molto speciali e il ‘miracolo’ di Melbourne lo è. Contro lo zar Medvedev il genio italiano del tennis ha pagato il rispetto per il profilo paludatissimo del numero tre del mondo e nei due set consecutivi d’apertura ha deluso l’empatia dello stadio intitolato a Laver, mitico campione australiano. I 6/3 – 6/3 perfetti di Medvedev, più che imperfetti di Jannik, hanno raccontato l’imprevedibile avvio di finale degli Australian Open, uno dei tornei più prestigiosi del circuito. Ore 13 e 30, minuto più, minuto meno: dopo oltre tre ore di una battaglia a colpi di racchettate impetuose e di tecnica sopraffina, ai limiti della resistenza fisica e mentale, il numero quattro del mondo (ma da oggi a un passo dalla vetta del ranking tennistico) si è sdraiato sul parquet e ha ascoltato, quasi incredulo, l’ovazione che gli hanno tributato i 15mila dello stadio (italiani i più entusiasti). Subito dopo Sinner ha dimenticato la fatica, lo stress della partita appena conclusa e si è arrampicato sul palchetto dove lo staff dei suoi preparatori lo ha sommerso in un abbraccio liberatorio. A compiere l’impresa di conquistare il trofeo degli Australian è Jannik Sinner, il ragazzo dai capelli rossi, che il 16 agosto del 2023 ha compiuto ventidue anni. Il selettivo pianeta del tennis lo ha eletto giocatore del futuro e in attesa di applaudirlo come number one gli riconosce ovunque, di là dal dono di talento puro, qualità umane, garbo, modestia, signorilità. Assorbito il rammarico per i primi due set ‘regalati’ al tennista russo, l’erede di Pietrangeli e Panatta, ha gestito la sfida per la finale australiana con intelligenza e autorevolezza, concentrazione, coraggio. 6/4, 6/4, 6/3 i numeri del trionfo e impossibile deviare lo sguardo dal televisore fino all’ultimo ‘15’. Difficile non esultare, contenere l’entusiasmo: per pensare a emozioni simili, è d’obbligo ricordare il “campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo” per la coppa Rimet conquistata dagli azzurri in Spagna contro la Germania, o l’oro olimpico nella pallanuoto del nostro ‘settebello’ del ’90 e procedendo a ritroso, molto a ritroso, Mennea e il suo record dei duecento metri piani di Roma, anni ’60. 

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