Intervista esclusiva alla bravissima fotografa Claudia Del Giudice
a cura del sociologo e critico d’arte Maurizio Vitiello.
È difficile concretizzare opere in diverse discipline operative, oggi?
Si, lo è, sebbene l’arte contemporanea spesso si caratterizzi per l’uso congiunto di molteplici materiali che non bisogna escludere a priori.
La realizzazione di opere interessanti avviene quando scaturiscono dal “pensiero laterale” dell’artista, capace di accogliere nuovi stimoli per generare visioni insolite; uscire dagli schemi stimola la creatività, ma la forza della contaminazione non può prescindere, comunque, dal rigore che contraddistingue ogni tipo di arte.
La manipolazione delle immagini è una pratica utilizzata da sempre nella fotografia, ma, a mio parere, va praticata con parsimonia e senso; dipende dal tipo di messaggio che si intende trasmettere.
A me affascina molto la sperimentazione, talvolta mi avvalgo di materiali quali l’alluminio per creare i miei lavori artistici, ma prediligo le carte fotografiche Fine Art che esaltano e preservano l’opera d’arte nel tempo.
Vorresti vivere in una città diversa da quella in cui vivi attualmente?
No, amo la mia città, nonostante le sue tante contraddizioni.
Napoli è unica, intrisa di bellezza, creatività, storia.
Gradirei solo viaggiare di più verso quei paesi che dedicano maggiore attenzione all’arte contemporanea considerata parte integrante della quotidianità, intessendo relazioni e confronti per la continua crescita interiore e artistica.
Quali progetti vorresti sviluppare nel 2024 e dove e con chi?
Oltre alla fotografia intimista e a colori che rivelano fortemente il mio sentire, nonché al fotoreportage a cui mai rinuncerò perché parte del mio stile di vita, mi sto dedicando anche a quella in bianco e nero e alla street photography.
Sto lavorando a vari progetti fotografici che mi piacerebbe esporre in una galleria di fotografia o in uno spazio museale o, ancora, in un sito archeologico come quello di Liternum, realtà a me vicina, da poco rivalutata, perché oggetto di nuove scoperte.
La stampa ti ha seguito, ultimamente?
Si, ho sempre ricevuto il giusto supporto al momento necessario, come, ad esempio, in occasione delle collettive a cui partecipo o nella presentazione di progetti socialmente o localmente connotati.
Lo scorso anno hai ottenuto una menzione speciale per l’opera “Sostenibile leggerezza dell’essere” presentata alla X edizione del prestigioso Premio Comel. Cosa hai provato?
Emozione e gioia immense e soddisfazione per il riconoscimento della mia arte e per l’impegno in essa profuso.
Credi che l’arte andrà avanti su altri canoni e codici?
Senza dubbio alcuno, in modo particolare l’arte della fotografia il cui campo d’azione si è decisamente ampliato, non essendo più esclusivamente di carattere sociologico. Attraverso l’incessante indagine e sperimentazione, grazie alle nuove tecniche digitali, ci sono tutte le condizioni perché si compia una postavanguardia.
Attualmente, il mercato dell’arte è florido?
Non come potrebbe esserlo realmente.
In alcuni contesti si dedica ancora poco attenzione ad esso o risulta appannaggio di pochi eletti.
Perché l’arte va avanti, nonostante alti livelli epidemici e stati di guerra?
Perché è un atto creativo che ha la capacità di aprire dei varchi sul mondo.
Crea cultura, coscienza, informazione.
Ė al contempo specchio per ritrovare sé stessi e finestra sulla speranza, divenendo un linguaggio universale di riflessione attraverso cui è possibile superare ogni sorta di barriera.
Vedi la tua città nel contesto attendibile del circuito dell’arte contemporanea?
Si, Napoli è una città dall’immensa creatività e dalle infinite risorse umane che se, opportunamente, veicolate e sostenute dalla pubblica amministrazione potrebbe generare un indotto lavorativo pari a quello delle capitali europee.
Il tuo prossimo obiettivo espositivo?
Esporre in luoghi istituzionali pubblici e privati: quello che conta è condividere la propria ricerca, vera linfa vitale per ogni artista e il mondo circostante.