Orgoglio napoletano

Orgoglio napoletano

                           Luciano Scateni

Il ‘miracolo’ di una lotta dura, senza soste, coinvolgente, premia la
determinazione di non cedere al potere del gigante mondiale che nel
2018 ha licenziato senza un perché legittimo i lavoratori e ha chiuso
i cancelli della fabbrica napoletana. La Whirpool, pur contrastata a
tutti i livelli, non ha receduto dalla proterva decisione, ma
l’impegno dei dipendenti licenziati a non essere espulsi dalle
attività produttive si è concluso in questi giorni con la riassunzione
di tutti loro nell’Italian Green Factory Orgoglio operaio, dei 350
lavoratori licenziati della Whirpool. Hanno sofferto per cinque anni,
senza arrendersi, la fuga senza alibi del gruppo che domina la
produzione mondiale di elettrodomestici, che negli anni ha costruito
l’impero mondiale del settore fino a inglobare i gruppi Acros,
Affresh, Amana, Ariston, Bauknecht, Brastemp, Consul, Diqua,
Everydrop, Gladiator, Hotpoint, presenti nei cinque continenti con 35
stabilimenti, 4 in Italia. Sonmo circa ottantamila i dipendenti, il
fatturato è di 20 miliardi di dollari, l’utile di un miliardo
all’anno. Riconquistare il diritto al lavoro è orgoglio di gente del
Sud, orgoglio napoletano, di un popolo che ha subìto di tutto e nel
fondamentale capitolo del lavoro ha vissuto, vive ancora, il
discrimine dell’Italia a metà, del Nord industrializzato e del Sud che
sopravvive grazie alla sua grande bellezza ambientale.  Già con
l’unità d’Italia era avvenuto il furto dei cento e più record detenuti
da Napoli sul finire dell’Ottocento (cultura, industria, finanza,
innovazione). Nel secolo scorso è intervenuto il dramma, impunito,
della deindustrializzazione totale delle aree occidentale e orientale
città. Lo insegnano i geografi della città, una metropoli senza classe
operaia finisce in grave sofferenza. Negli anni ’80, Napoli assiste
allo smantellamento quasi totale del comparto industriale, preceduto,
anni prima, dalla fuga istituzionalmente indisturbata della
multinazionale Merrell. La città paga duramente la colpevole
inettitudine del nostro Paese, che accoglie imprese straniere,
finanzia il loro insediamento e non impedisce, immotivati esodi, che
provocano migliaia di senza lavoro.  In alcuni Paesi, pena onerosi
risarcimenti, alle imprese straniere che s’insediano, non è concesso
di ‘emigrare’ prima di un cospicuo numero di anni ed è fatto obbligo
di preavvertire la decisione con largo anticipo per consentire il
reinserimento dei lavoratori. Un caso italiano di mancanza totale di
attenzione al problema del lavoro è la delocalizzazione dell’Ilva di
Bagnoli, anni ’80, e di altre industrie ad ovest della città
(Olivetti, Sofer, Cementificio…) avvenuta senza alcuna
contrattazione per la nascita di imprese alternative, non inquinanti e
tecnologicamente avanzate. Analogo sventramento di attività produttive
è avvenuto nell’area orientale e Napoli ha vissuto, vive, il dramma di
grande città, dove l’arte di arrangiarsi e da qualche tempo
l’impennata del flusso turistico, compensano a stento il deficit di
attività industriali. L’economia asfittica, tenuta i piedi dal
proliferare di B&B, trattorie, paninoteche, deve inoltre confrontarsi
con la disparità di risorse finanziarie disomogenee, a tutto vantaggio
del Nord, di un futuro anche più svantaggiato dal pericolo
dell’autonomia differenziata. (nella foto la prima lavatrice prodotta
da Whirpool) Orgoglio napoletano

Il ‘miracolo’ di una lotta dura, senza soste, coinvolgente, premia la
determinazione di non cedere al potere del gigante mondiale che nel
2018 ha licenziato senza un perché legittimo i lavoratori e ha chiuso
i cancelli della fabbrica napoletana. La Whirpool, pur contrastata a
tutti i livelli, non ha receduto dalla proterva decisione, ma
l’impegno dei dipendenti licenziati a non essere espulsi dalle
attività produttive si è concluso in questi giorni con la riassunzione
di tutti loro nell’Italian Green Factory Orgoglio operaio, dei 350
lavoratori licenziati della Whirpool. Hanno sofferto per cinque anni,
senza arrendersi, la fuga senza alibi del gruppo che domina la
produzione mondiale di elettrodomestici, che negli anni ha costruito
l’impero mondiale del settore fino a inglobare i gruppi Acros,
Affresh, Amana, Ariston, Bauknecht, Brastemp, Consul, Diqua,
Everydrop, Gladiator, Hotpoint, presenti nei cinque continenti con 35
stabilimenti, 4 in Italia. Sonmo circa ottantamila i dipendenti, il
fatturato è di 20 miliardi di dollari, l’utile di un miliardo
all’anno. Riconquistare il diritto al lavoro è orgoglio di gente del
Sud, orgoglio napoletano, di un popolo che ha subìto di tutto e nel
fondamentale capitolo del lavoro ha vissuto, vive ancora, il
discrimine dell’Italia a metà, del Nord industrializzato e del Sud che
sopravvive grazie alla sua grande bellezza ambientale.  Già con
l’unità d’Italia era avvenuto il furto dei cento e più record detenuti
da Napoli sul finire dell’Ottocento (cultura, industria, finanza,
innovazione). Nel secolo scorso è intervenuto il dramma, impunito,
della deindustrializzazione totale delle aree occidentale e orientale
città. Lo insegnano i geografi della città, una metropoli senza classe
operaia finisce in grave sofferenza. Negli anni ’80, Napoli assiste
allo smantellamento quasi totale del comparto industriale, preceduto,
anni prima, dalla fuga istituzionalmente indisturbata della
multinazionale Merrell. La città paga duramente la colpevole
inettitudine del nostro Paese, che accoglie imprese straniere,
finanzia il loro insediamento e non impedisce, immotivati esodi, che
provocano migliaia di senza lavoro.  In alcuni Paesi, pena onerosi
risarcimenti, alle imprese straniere che s’insediano, non è concesso
di ‘emigrare’ prima di un cospicuo numero di anni ed è fatto obbligo
di preavvertire la decisione con largo anticipo per consentire il
reinserimento dei lavoratori. Un caso italiano di mancanza totale di
attenzione al problema del lavoro è la delocalizzazione dell’Ilva di
Bagnoli, anni ’80, e di altre industrie ad ovest della città
(Olivetti, Sofer, Cementificio…) avvenuta senza alcuna
contrattazione per la nascita di imprese alternative, non inquinanti e
tecnologicamente avanzate. Analogo sventramento di attività produttive
è avvenuto nell’area orientale e Napoli ha vissuto, vive, il dramma di
grande città, dove l’arte di arrangiarsi e da qualche tempo
l’impennata del flusso turistico, compensano a stento il deficit di
attività industriali. L’economia asfittica, tenuta i piedi dal
proliferare di B&B, trattorie, paninoteche, deve inoltre confrontarsi
con la disparità di risorse finanziarie disomogenee, a tutto vantaggio
del Nord, di un futuro anche più svantaggiato dal pericolo
dell’autonomia differenziata. (Nella foto la prima lavatrice prodotta
da Whirpool)

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