Santa Lucia

Santa Lucia

Di Luciano Scateni

San Gennaro in stato di riposo dopo il recente replay del miracolo di settembre sembra l’allenatore celeste che opera i cambi: fuori se stesso, amatissimo patrono di Napoli, dentro Santa Lucia, che da meno non è: ha competenza sull’omonima area urbana, che lambisce il mare e s’affaccia sul Borgo Marinari, concluso dal mitico Castel dell’Ovo. L’appuntamento è con Luigi Magliocco e segreta è la speranza di appagare l’idea di una mostra ‘anticonformista’, in un luogo non ecumenico, non galleria-galleria. Ci s’infila in un cortile dopo aver letto ‘Palazzo Mirra’ all’esterno dell’imponente edificio, al numero 110 della via nota dedicata alla santa. Ci si introduce nella sontuosa boutique di preziosi “Tappeti Magliocco” e si cerca una risposta esauriente “Tappeti, quale affinità elettiva con la pittura? Il nesso c’è: colori e forme creative dei tappeti e in disinvolta analogia, segni e forme della pittura. È il luogo dove, riposti i tappeti in apposito luogo conservativo, le sale, una dentro l’altra accolgono dipinti di artisti in qualche modo alternativi, attratti dall’idea di contribuire con la loro presenza a far vivere l’Associazione di Promozione Sociale Aps, nata così: chiedevano a Magliocco dove si fanno, come si fanno i tappeti. Lui lo ha accertato e ne ha riportato una dolorosa ferita. Quelle meraviglie di tappeti, nei Paesi orientali consumano le mani, la schiena di bambini sfruttati, con una terribile forma di schiavitù che ricorda altre vittime, i bambini africani costretti a fatiche immani, privati della fanciullezza. L’Aps nasce per tutelare i diritti dei minori, per promuovere metodi di produzione alternativi, perché bambini sfruttati siano salvati dalla povertà intellettuale, sociale, economica. L’associazione promuove incontri su questo tema, ma è anche luogo di musica, di formazione, di eventi e ha ben scolpita nel suo dna la tragedia denunciata dall’Unicef: nel mondo sarebbero 14 milioni i bambini costretti a lavorare in condizioni di schiavitù disumane.

Ecco, esporre il proprio lavoro di artisti in un luogo eticamente ‘nobile’, può modificare sostanzialmente il senso di sottoporre ad altri la pittura, quasi azzera il narcisismo della ricerca di consensi, si accredita per aver condiviso l’impegno di chi combatte per la vita ‘normale’ dell’infanzia, soddisfa la scelta di una mostra non fine a sé stessa. Una mostra qui. Buona idea. A ottobre.

 

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