“Noi della “Quinta A”

“Noi della “Quinta A”

Alter poesia

Di Luciano Scateni

Napoli è speciale per la sua ’grande bellezza’, non meno che per la sua riconosciuta intelligenza creativa. Lo racconta la letteratura finalmente priva di ostilità pregiudiziale. È missione impossibile comprimere in poche righe i mille ‘casi’ della sua intraprendenza positiva, i colpi di genio dettati da emergenze e disagi di città disaggregata dal corpo protetto del Nord. Gli eventi straordinari a Napoli sono ordinari, vanno raccontati presto e bene, prima che siamo offuscati da un prossimo ‘caso’ ravvicinato.

“Noi della 5° A”: succede a Napoli che la classe della scuola serale G.B. Della Porta-Porzio si illumini di immenso e sovrapponga alla fatica di studenti adulti, il piacere di raccontarsi in versi, dopo aver scoperto la grandeur di Pascoli. Nasce un libro di poesie (altro che “il speriamo che me la cavo” del maestro Marcello D’Orta) scritto da Fernando Pulle Sachita Preemal, Antonio Montenigro, Fabiana Giordano, Vincenzo Dell’Andro, Salvatore Alfuso, Armando Vigorito, Salvatore Farina, Anna Barbuto, Stanislao Raglia, Anna Sebastiano, Paolo Cirillo, Raffaele Tramontano, Anna Scalesse, tutti sedotti dall’idea di Anna Leopaldi, la docente che ha li ha incentivati e coordinati. Le sue poesie concludono il libro pubblicato dall’editore romano ensemble. Fosse in vita, don Milani, avrebbe firmato la prefazione, per convinta solidarietà con gli autori e gli studenti, che   dopo giornate di lavoro, spesso faticose, riprendono gli studi interrotti per necessità e poetano. Racconta la docente “Un po’ per emulazione, un po’ per gioco, un po’ per mettersi alla prova. Da adulti si sono rimessi in gioco. Ho colto l’occasione di una sera crepuscolare per parlare di Pascoli e leggere qualche sua lirica: inaspettatamente, in risposta un silenzio contemplativo. Avvenne qualcosa di magico, una scintilla da cui sono scaturiti i versi pubblicati in “Poesie”. È un miracolo quando accade, non mi aspettavo, di leggere chissà cosa. Mi

mi sono dovuta ricredere: figlio mio, ma tu sei

un poeta! Un poeta.  Sachita non parla bene italiano, ha anche qualche difficoltà nello scrivere; aveva composto la prima stesura dei testi nella lingua madre, ha impiegato molte notti da sveglio per tradurre le sue poesie.

Fernando Pule Sachita Preemal: “Un dolce albero fiorito /vicino alla casa del cieco / gli uccelli cantavano sull’albero / Quando il cieco uscì di casa e tornò, l’albero dei fiori era stato tagliato / il cieco camminò con un bastone bianco /finché non sentì l’odore dei fiori e il canto degli uccelli / Finalmente l’ha trovato, ma gli mancava la casa”

adminlesociologie

adminlesociologie

Lascia un commento

Questo sito utilizza i cookie e richiede i tuoi dati personali per migliorare la tua esperienza di navigazione.