MALINCONIA. Di Maurizio Bolognetti

letteratura e poesia

MALINCONIA

Di Maurizio Bolognetti

Voglia di abbandonarsi,
voglia di ascoltare il silenzio, di farsi accarezzare da un raggio di sole,
di ascoltare il latrato di un cane.

Seduto su un tronco
provo a sintonizzare il mio respiro e il battito del cuore che sembra perdere colpi, con la terra,
i sassi, il muro di cemento su cui appoggio le spalle.

Alzo lo sguardo e vedo di fronte a me quella che, con un eufemismo o locuzione che dir si voglia,
chiamano “l’ultima dimora”.

Guardando l’Alpi
vorrei che il sonno mi rapisse.

Un sonno ristoratore.

I ricordi mi assalgono
a volte vividi, a volte sbiaditi,
poi la rabbia lascia spazio a una lacrima.

No,
forse non vorrei abbandonarmi,
ma semplicemente perdermi.

Fondermi,
diventare un albero,
un sasso,
un pezzo di roccia che immobile sfida i millenni.

Vorrei una goccia di eternità
che forse potrebbe sedare l’effluvio di dolore.

Vorrei dimenticarmi e dimenticare.

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