Dal Troisi pensiero: “Non ci resta che piangere”

di Luciano Scateni

La Rai di tutti, cioè la radio televisione pubblica, è tutt’altro che indipendente e un ‘libro bianco’, mai scritto, richiederebbe la consistenza di non meno di 500 pagine per raccontare le prevaricazioni che subisce dalle grinfie avide dei partiti. Esempi di subordinazione passiva, nel senso di impunito asservimento: Vespa e il suo ‘Porta a porta’   non fanno mistero di nutrire servile ‘empatia’ con Berlusconi e di abili, velate ‘attenzioni’ per il centro destra, il Tg1 dosa la visibilità dei partiti con sistematica priorità per esponenti del centro destra, ma è un peccato quasi veniale, dovuto all’inerzia della politica di chi dovrebbe imporre il principio dell’obiettività  onorato dalla Bbc, ovvero di quel sopravvive della sinistra, che non lo fa; salvo a denunciare lo sfacciato abuso del potere mediatico del direttore del Tg2, consegnato  alla destra nell’ultima, anomala spartizione delle testate Rai. In omaggio alla rampante borgatara Meloni, che nessun politologo spiega perché trascini tanti italiani nel percorso del gambero di rigurgiti del Ventennio, il telegiornale della seconda rete è finito nelle mani di Gennaro Sangiuliano, che dalla modestia di un quotidiano napoletano, chissà perché chiamato ‘Roma’,  a tappe forzate è approdato alla direzione della testata, inquinata dalla sua smodata ‘affinità elettiva’ con la destra. Calpestando ogni limite deontologico, di recente ha partecipato attivamente alla ‘Convenction’ milanese  di Fratelli d’Italia, per un altro tuffo nel passato, quando, giovanotto, ha fatto parte del Fronte della Gioventù, poi consigliere circoscrizionale del Movimento Sociale Italiano-Destra Nazionale. Una ciliegia tira l’altra e Sangiuliano ha sicuramente risposto con un cameratesco ‘me ne frego’ alla sanzione ‘indolore’ comminata fa Rai per la sortita al raduno milanese della Meloni. Ora, una nota del sindacato giornalisti Rai, replicata da Anzaldi, deputato di Italia Viva e segretario della commissione di vigilanza, denuncia la gravissima disponibilità di Sangiuliano a preparare il programma elettorale di Fratelli d’Italia, come avrebbe lasciato intendere La Russa, convinto esponente della destra. Il ’caso’ sollecita la riflessione sull’influenza del sistema mediatico per il consenso ai partiti, specialmente ora che si avvicina il 25 settembre, il voto per il futuro politico del Paese. E allora, tralasciando la quota secondaria di quotidiani che sono sul ‘mercato’ con poche migliaia di copie, lo scenario racconta che il centro destra ha voce con Il Giornale,  Destra liberale, Libero (sostenuto dal finanziamento pubblico) e i suoi titoli recenti: “Dopo la miseria portano le malattie” riferito ai migranti. “Calano fatturato e Pil, ma aumentano i gay”.  “Comandano i terroni”. “Bastardi islamici”. La Verità, Il Tempo, Il Secolo d’Italia (destra ‘storica’),  Il Foglio.  A rappresentare il centrosinistra non c’è che Il domani (14mila copie), Il manifesto (12mila) e fino alla vendita di De Benedetti ad Agnelli, la Repubblica, che inglobata dal gruppo editoriale Gedi è diventata ‘confindustriale’ pur conservando l’antifascismo del fondatore Scalfari. C’era una volta Paese Sera, ghigliottinato dal Pci perché “doppione” (falso!) dell’Unità, storica voce della sinistra a sua volta abbondonata dal Pd (esce una copia all’anno per non perdere la testata, fine della Cassa integrazione, giornalisti e personale disoccupato) e in   chiave televisiva dominio di tv della destra, tra network ed emittenti locali. I social? Sfida tra Salvini e Meloni a colpi di milioni di follower (veri o falsi). Letta? 140 mila.    Sic stantibus rebus, si può battere la destra? Non resta che la speranza dell’ottimismo a oltranza.

adminlesociologie

adminlesociologie

Lascia un commento

Questo sito utilizza i cookie e richiede i tuoi dati personali per migliorare la tua esperienza di navigazione.