Il “consenso” nelle relazioni intime non è mai scontato.
Di Alessandra Pinto, avvocato, componente della Commissione Minori dell’Ordine degli avvocati di Napoli
Quando parliamo di consenso nelle relazioni, soprattutto nell’età adolescenziale, sembra regni il caos tra ciò che è consensuale e ciò che non lo è.
Nella società in cui viviamo la parola “consenso” ha assunto un peso notevole e ne esistono varie forme: dal consenso sulla privacy al consenso informato.
Ma quando parliamo di consenso nelle relazioni questo peso è di così gran rilievo da consentirgli di diventare il personaggio principale, il protagonista: se non c’è consenso è violenza.
Save The Children nel 2024 ha pubblicato un report “Le ragazze stanno bene?”, realizzato in collaborazione con IPSOS, ove è stato analizzato un campione di 800 adolescenti di età compresa tra i 14 e i 18 anni (https://www.savethechildren.it/cosa-facciamo/pubblicazioni/le-ragazze-stanno-bene).
Dai risultati emerge che a livello teorico il 90% dei ragazzi e delle ragazze ritengono che il consenso sia fondamentale anche nelle relazioni stabili prima di un rapporto sessuale; tuttavia, più della metà ha dichiarato che in un rapporto di coppia stabile è complicato dire “no” alla partner o al partner anche se in quel momento non si è predisposti.
Altra idea che desta perplessità è la convinzione, abbastanza diffusa, di ritenere che in una relazione intima stabile il consenso ad un rapporto sessuale possa essere dato per scontato.
Rispetto alla violenza sessuale tra gli adolescenti (ragazzi e ragazze) predomina la considerazione secondo cui una ragazza ha sempre modo e possibilità di sottrarsi ad un rapporto sessuale se realmente non è consenziente anche se sotto l’uso di droghe e alcol.
Può accadere poi che una donna con i suoi atteggiamenti provochi addirittura la violenza sessuale!
Eppure, secondo l’ordinamento giuridico italiano, il consenso deve essere esplicito, può essere revocato in qualsiasi momento e deve essere espresso ogni volta (in altri termini non va dato per scontato in una relazione stabile).
Ci si chiede quale sia la ratio sottesa alla confusione generata soprattutto tra ragazzi e ragazze che intraprendono le prime relazioni sentimentali.
Sicuramente una combinazione di fattori.
Una comunicazione chiara manca ed è difficile interpretare i segnali di consenso e di dissenso soprattutto quando le relazioni nascono da contesti digitali e vi è stata una frequentazione prodromica.
La cattiva comunicazione può derivare da una certa ritrosia nel rendere noti i propri desideri ed i limiti per non sentirsi inadeguati e non accettati in determinati contesti.
Altro elemento fondamentale è l’assenza di una educazione sentimentale che consenta di acquisire consapevolezza sulla differenza tra ciò che è consensuale e ciò che non lo è, sulle conseguenze per chi viola il consenso e chi subisce violenza, sulla necessità di superare pregiudizi in ordine all’idea che alcuni comportamenti (banalmente il modo di abbigliarsi) possano giustificare una violenza o che un soggetto seppur sotto l’uso di stupefacenti e alcolici abbia piena coscienza delle proprie azioni.
Sicuramente potrebbe essere d’aiuto sviluppare all’interno della famiglia o in contesti scolastici una educazione ed informazione su ciò che è “amore” in una relazione e ciò che assurge a violenza/controllo; esaminare con attenzione il linguaggio che proviene dagli organi di informazione nelle narrazioni della violenza; sostenere le scelte compiute dai ragazzi e dalle ragazze in relazione al proprio orientamento sessuale per migliorare l’autostima; far comprendere che l’amicizia non equivale ad appartenenza ad un branco a costo di comprimere la propria personalità.